In linea con gli obiettivi che sono stati illustrati nella introduzione al presente studio e alla luce dei dati sin qui raccolti ed esaminati, nonché dei confronti operati, è ora possibile provare a trarre alcune conclusioni in ordine ai quesiti che nella stessa introduzione erano stati prefigurati.
Post-crisi
Ci si chiedeva, in principio, se gli interventi pubblici permanessero anche in seguito alla fase iniziale della crisi pandemica (fase che, ai fini dello studio, considereremo corrispondente all’anno 2020). Il quesito è, dunque, se tali interventi temporanei a favore dell’editoria siano stati, in seguito, resi strutturali.
Sulla base dei dati ivi raccolti, è possibile asserire che, seppur le misure di carattere temporaneo, nella stragrande maggioranza dei casi, non siano poi state rese strutturali (o, ad ogni modo, non è stato possibile verificarlo), è evidente come i governi non soltanto siano propensi a mantenere gli impianti originari di interventi pubblici a favore dell’editoria anche dopo il 2020, ma anche ad ampliarli. In alcuni casi sono stati previsti dei piani di sostegno straordinari per gli anni a venire, in ragione della gravità delle conseguenze economiche negative abbattutesi sul settore (tra i più colpiti) a causa della pandemia. Si pensi soltanto che, in base alle prime valutazioni, la filiera dell’informazione ha registrato una riduzione degli introiti pubblicitari oscillante tra il 20% e l’80%[1].
Se si valuta, in particolare, il caso dell’Italia, è possibile riscontrare come la quasi totalità delle misure (sia di natura contributiva diretta che fiscale agevolativa) poste in essere per far fronte all’emergenza sanitaria siano in seguito state confermate anche, almeno, per il 2021 (se non, talvolta, anche per il 2022).
Quadro di interventi europeo
L’altro quesito su cui intendeva interrogarsi la presente indagine è se il quadro di interventi pubblici adottato in Italia a sostegno dell’editoria si collocasse o meno all’interno di un panorama europeo. La risposta è, inequivocabilmente, affermativa. Ponendo da parte la composizione analitica degli schemi di intervento di ciascuno dei paesi oggetto dello studio, giacché essa è variabile (si passa da Stati in cui le risorse sono equamente distribuite fra le tre modalità di intervento esaminate, ossia diretto, indiretto ed emergenziale-pandemico, a Stati in cui vengono privilegiate talune misure piuttosto che altre; in particolare, le forme di sostegno di natura fiscale agevolativa, come nel caso della Germania o del Regno Unito), l’Italia va, innegabilmente, ad inscriversi all’interno dello scenario europeo di interventi.
È evidente come, dal panorama sin qui vagliato, emerga un quadro fortemente orientato alla tutela del pluralismo e dell’indipendenza del settore editoriale, fattori per i quali un finanziamento di natura pubblica risulta, specie all’indomani dell’emergenza sanitaria, quantomai essenziale. La crisi dovuta al Covid-19 ha evidenziato e notevolmente acuito le fragilità del settore editoriale che erano già presenti in precedenza, tanto in Italia quanto nei restanti paesi europei. Il fatto che la generalità degli Stati oggetto dello studio abbia istituito (o previsto) misure ad hoc per far fronte all’emergenza sanitaria denota la necessità di strumenti normativi nazionali, comunitari[2] e continentali per mettere in atto strategie di finanziamento a favore dell’editoria per tutelarne l’indipendenza e rafforzare il pluralismo.
[1] Dal “Progetto di relazione sui media europei nel decennio digitale: un piano d’azione per sostenere la ripresa e la trasformazione”, di Dace Melbārde, nell’ambito della Commissione per la cultura e l’istruzione del Parlamento europeo, pubblicato in data 03/05/2021.
[2] L’Unione Europea e, in particolar modo, il Parlamento Europeo sostengono la necessità di assicurare l’istituzione di forme di sostegno sia diretto che indiretto (di natura rigorosamente strutturale) all’editoria a livello, innanzitutto, europeo, ma anche dei singoli Stati membri, nonché la necessità di ampliarle e potenziarle (anche se tale responsabilità rimane in capo, prevalentemente, agli Stati membri). Dal “Progetto di relazione sui media europei nel decennio digitale: un piano d’azione per sostenere la ripresa e la trasformazione”, di Dace Melbārde, nell’ambito della Commissione per la cultura e l’istruzione del Parlamento europeo, pubblicato in data 03/05/2021.